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Atezolizumab in associazione a pertuzumab e trastuzumab nel tumore mammario metastatico HER2+

L’aggiunta di atezolizumab a pertuzumab in associazione a trastuzumab ad alta dose non migliora le metastasi cerebrali in pazienti con tumore mammario HER2+

Un nuovo studio di fase II recentemente pubblicato su Clinical Cancer Research mostra che l’aggiunta di atezolizumab a pertuzumab più trastuzumab ad alto dosaggio non migliora le risposte del sistema nervoso centrale nelle pazienti con carcinoma mammario HER2+ e metastasi cerebrali.

In un precedente studio, pertuzumab combinato con trastuzumab ad alte dosi ha dimostrato un elevato tasso di beneficio clinico nel sistema nervoso centrale in pazienti con metastasi cerebrali. Gli autori hanno quindi arruolato 19 pazienti con un carcinoma mammario HER2+ e metastasi cerebrali in uno studio di fase II a braccio singolo, multicentrico, per valutare se l’aggiunta di atezolizumab a questo regime possa produrre ulteriori miglioramenti nella risposta del sistema nervoso centrale. I risultati hanno mostrato che solo due pazienti hanno avuto una risposta intracranica parziale confermata (tasso di risposta obiettiva del 10,5%); il tasso di beneficio clinico è stato del 42,1% a 18 settimane e del 31,6% a 24 settimane. Lo studio non ha raggiunto la soglia di efficacia pre-specificata ed è stato interrotto prima di quanto previsto. Come concludono gli autori, «Nelle pazienti con carcinoma mammario HER2+ con metastasi cerebrali l’aggiunta di atezolizumab a pertuzumab e trastuzumab ad alto dosaggio non ha prodotto un chiaro beneficio sul sistema nervoso centrale, superiore a quello che ci si sarebbe aspettato con pertuzumab e trastuzumab ad alto dosaggio da soli. Tuttavia, lo studio ha limitazioni come la bassa percentuale di pazienti con tumori positivi a PD-L1 e il disegno a braccio singolo, perciò non si può escludere che l’immunoterapia possa determinare un potenziale beneficio clinico in popolazioni in cui vi siano presenti specifici biomarcatori. Ulteriori studi sull’immunoterapia in aggiunta alla terapia anti-HER2 dovrebbero includere anche farmaci diversi dagli inibitori PD-1/PD-L1».

Atezolizumab in associazione a pertuzumab e trastuzumab nel tumore mammario metastatico HER2+

L’aggiunta di atezolizumab a pertuzumab in associazione a trastuzumab ad alta dose non migliora le metastasi cerebrali in pazienti con tumore mammario HER2+

Un nuovo studio di fase II recentemente pubblicato su Clinical Cancer Research mostra che l’aggiunta di atezolizumab a pertuzumab più trastuzumab ad alto dosaggio non migliora le risposte del sistema nervoso centrale nelle pazienti con carcinoma mammario HER2+ e metastasi cerebrali.

In un precedente studio, pertuzumab combinato con trastuzumab ad alte dosi ha dimostrato un elevato tasso di beneficio clinico nel sistema nervoso centrale in pazienti con metastasi cerebrali. Gli autori hanno quindi arruolato 19 pazienti con un carcinoma mammario HER2+ e metastasi cerebrali in uno studio di fase II a braccio singolo, multicentrico, per valutare se l’aggiunta di atezolizumab a questo regime possa produrre ulteriori miglioramenti nella risposta del sistema nervoso centrale. I risultati hanno mostrato che solo due pazienti hanno avuto una risposta intracranica parziale confermata (tasso di risposta obiettiva del 10,5%); il tasso di beneficio clinico è stato del 42,1% a 18 settimane e del 31,6% a 24 settimane. Lo studio non ha raggiunto la soglia di efficacia pre-specificata ed è stato interrotto prima di quanto previsto. Come concludono gli autori, «Nelle pazienti con carcinoma mammario HER2+ con metastasi cerebrali l’aggiunta di atezolizumab a pertuzumab e trastuzumab ad alto dosaggio non ha prodotto un chiaro beneficio sul sistema nervoso centrale, superiore a quello che ci si sarebbe aspettato con pertuzumab e trastuzumab ad alto dosaggio da soli. Tuttavia, lo studio ha limitazioni come la bassa percentuale di pazienti con tumori positivi a PD-L1 e il disegno a braccio singolo, perciò non si può escludere che l’immunoterapia possa determinare un potenziale beneficio clinico in popolazioni in cui vi siano presenti specifici biomarcatori. Ulteriori studi sull’immunoterapia in aggiunta alla terapia anti-HER2 dovrebbero includere anche farmaci diversi dagli inibitori PD-1/PD-L1».